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ORIGINE E STORIA

LO SGUARDO MAGNETICO E INDIMENTICABILE DELLA NOSTRA MADONNA

(Particolare dell'affresco originale del '400)

Sul finire del '400, la parte di Trastevere verso il porto di Ripa Grande era pressoché disabitata e quasi interamente coltivata ad orti (vedi sezione L'Orto). Un giorno, forse del 1488, "ritrovandosi una devota persona in infermità incurabile e avendo visto un'immagine dell'Immaculatissima Vergine Maria in una muraglia molto vecchia dentro di un orto… fece voto, che se della detta infermità guariva, terrebbe una perpetua lampada accesa innanzi alla suddetta figura" (Camillo Fanucci, 1601).

La persona – che altre cronache dicono fosse l’ortolano medesimo - guarì e mantenne la promessa: altri, seguendone l' esempio, vollero contribuire al culto pubblico dell'immagine riunendosi in Confraternita, approvata nel 1492 da Papa Alessandro VI ed elevata poi da Sisto V, nel 1588, al rango di Arciconfraternita, con diversi privilegi spirituali e la facoltà di chiedere ogni anno la liberazione di un condannato a morte. Una cappella venne eretta intorno all'icona e quasi subito si iniziò la costruzione dell'attuale chiesa. Dello stesso periodo sono le notizie riguardanti il piccolo ospedale della Confraternita, già funzionante e costituitosi contestualmente al formarsi del sodalizio.

Nel corso del tempo s'aggregarono all'Arciconfraternita tredici Università (Corporazioni) d'arti e mestieri che gareggiarono tra loro per abbellire e ornare la chiesa profondendovi ingenti somme per assicurarsi l'opera di insigni artisti: ovunque infatti appaiono decorazioni di frutta e ortaggi segni delle Università degli Ortolani e dei Fruttaroli, molini e piccole bilance a memoria dei Molinari e Pizzicaroli. Un imponente tacchino ligneo del XVIII secolo è dono dei Pollaroli: alto circa 80 cm. e con un’apertura alare di 150 cm, scolpito mirabilmente in un unico blocco di legno, è attualmente è custodito nella Sacrestia.

Lo statuto a noi pervenuto nell'edizione del 1842 elenca ben nove università ma la tradizione vuole che siano dodici: Università dei Mercanti e Sensali di Ripa e Ripetta; Università dei Molinari e Garzoni dei Molinari; Università dei Pizzicagnoli o Pizzicaroli e Giovani dei Pizzicaroli; Università degli Ortolani e Garzoni degli Ortolani; Università dei Fruttaroli e Limonari; Università dei Vermicellari ossia artigiani e rivenditori di pasta e Lavoranti Garzoni dei Vermicellari; Università dei Pollaroli; Università dei Scarpinelli ossia Ciabattini; a cui si aggiungono tradizionalmente, l'Università dei Mosciarellari (venditori di castagne secche); l'Università dei Vignaroli; l'Università dei Barilari di Ripa. Ma nel tempo molte altre Università apparvero e presto scomparvero, come quelle dei Barilari (facchini che scaricavano i barili di vino nel vicino porto), dei Capovaccari, dei Legnaroli e Fascinari di Marmorata, dei Marinari del Regno, dei Misuratori di Grano e dei Canepari.

Nel tempo in cui la chiesa e la fede erano il fulcro di ogni attività umana (mestiere, commercio, arte, relazioni sociali, sanità, mutuo soccorso), quasi subito l'attività della Confraternita assunse al suo interno la duplice funzione di aggregazione civile (le Università avevano propri statuti e disciplinavano l’accesso al mestiere) e di ritrovo spirituale di uomini operosi che si riconoscono nell'unica fede ed affidano quindi ad una compagnia di rilevanza più grande della singola corporazione la vita devozionale e caritativa. Pertanto, tutti insieme militavano nella Confraternita e ne indossavano la veste liturgica nelle occasioni stabilite. Ricordiamo che le Confraternite (le cui prime esperienze storiche risalgono al VI-VII secolo) sono le uniche aggregazioni laicali a cui la Chiesa riconosce il diritto-dovere di indossare un abito proprio, secondo un codice comunicativo che i secoli hanno reso complesso.

Nel nostro caso la veste è un saio turchino, in onore del manto della Beata Vergine che l’iconografia tradizionale riferisce al colore dei cieli più alti, segno di quella Grazia divina di cui Maria è stata rivestita ab aeterno. Sul petto, all’altezza del cuore, l’immagine tradizionale della Madonna dell’Orto. Ai fianchi un cingolo, anch’esso turchino, segno di umiltà e penitenza come del resto lo stesso saio; esso deve riportare dei nodi, in numero variabile a seconda che si vogliano ricordare le effusioni di sangue nella vita di Gesù (sette), oppure le piaghe patite in croce (cinque) oppure le cadute sulla via del Calvario (tre). Quando si riceve l’Eucaristia la parte pendente del cingolo deve essere posta sulla spalla destra o attorno al collo, in segno di filiale sottomissione. Infine, una facciola bianca – simile a quella dei magistrati – circonda il collo e ricade sul petto, simbolo dell’obbedienza alla Chiesa, al suo magistero e allo statuto della Confraternita.  

 

L'Ospedale, con annessa Spezieria o farmacia – attivo già dal 1494 circa -  raggiunge la sua piena attività fornendo l'assistenza sanitaria ai membri delle varie corporazioni che si impegnano nel suo mantenimento. Alla fine del 1600, con l'ampliarsi del sodalizio, il crescere delle corporazioni e l'aumento della popolazione comportarono un adeguamento delle strutture.

Fu infatti ampliato l'ospedale al quale venne aggiunto un fabbricato di grandezza quasi pari al primitivo edificio. Per gli stessi motivi venne riedificata, a spese dell'Università degli Ortolani, anche la spezieria. A queste opere di rifacimento si accompagnarono altrettanti interventi decorativi della chiesa per iniziativa delle singole corporazioni. Alla fine del 1700 ebbero inizio le difficoltà dell'Arciconfraternita anche causa degli eventi storici del tempo che diedero un brutto colpo all'attività del sodalizio.

L'attività dell'ospedale, a causa delle spoliazioni e devastazioni subite al tempo della cosiddetta “Repubblica giacobina” imposta da Napoleone (1798-99), venne a cessare e nonostante ripetuti tentativi non lo si poté più riaprire per mancanza di idonee risorse. La sua preziosa opera era durata quattro secoli esatti.

La situazione si aggravò ulteriormente allorché nel 1801-02 papa Pio VII ritenne di sopprimere le corporazioni e le università mestierali. Il sodalizio di S. Maria dell'Orto, un tempo tra i più ricchi di Roma per lasciti e rendite di proprietà, pur privato di molti possedimenti, riuscì comunque a provvedere ad un restauro della chiesa (1825). Nel 1852 però l’edificio dell’ex-ospedale – vuoto ormai da cinquant’anni – fu requisito dal Governo pontificio al fine di installarvi dei laboratori destinati alla manifattura dei tabacchi, in attesa che venisse completato l’imponente edificio che ancor oggi domina Piazza Mastai, il quale venne ad inglobare gran parte dell'area prima riservata all'ospedale ed al piccolo cimitero annesso. In seguito, tuttavia, dopo molti passaggi di proprietà, la parte superstite dell’ex ospedale (compresa la spezieria) non tornò mai più nella disponibilità dell’Arciconfraternita e il fabbricato fu adibito a civile abitazione.

Dopo il 1870 si poterono conservare ancora alcune modeste proprietà ma per poco: le leggi sabaude persecutorie della Chiesa furono estese anche alla città di Roma, sicché dopo varie vicende si giunse infine alla legge n. 6972 del 17 luglio 1890, nota anche come “legge Crispi”. Il provvedimento equiparava pretestuosamente i beni di proprietà della Chiesa e quelli delle Confraternite, che invece erano tutti originati da acquisti operati in proprio o da donazioni degli stessi sodali: un patrimonio comunque considerevole che faceva gola alle esauste casse statali.

Per effetto della legge Crispi rimasero dunque intatte solo le confraternite di puro culto, mentre quelle considerate come Opere pie, ovvero equiparate alle istituzioni pubbliche di beneficenza, furono assoggettate alle disposizioni della legge civile. Moltissime Confraternite, private dei mezzi sostentamento, dovettero cessare l’attività: lo storico del settore Luigi Huetter stimò che in tutta Italia furono oltre 11.700 i sodalizi forzosamente estinti.

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Orazione a Maria SS. dell'Orto

Vergine gloriosissima, che per l'eccellenza
della vostra verginità illibata e feconda,
veniste dichiarata dallo Spirito Santo un
Orto racchiuso e un fonte sigillato, perché
mai ammetteste in Voi stessa altro Signore
che quel Dio che vi creò, come Orto e Paradiso
di sue delizie, deh! volgete amorosa da quella
vostra Immagine uno sguardo materno sopra
l'infelice anima mia, che tante volte si è
fatta schiava vilissima del peccato; e per
quell'amore speciale con cui dal Cielo vi
siete palesata fra di noi qual Orto fecondo
di grazie in nostra giustificazione e salute,
impetratemi dal vostro Divino Figliolo, che
reggete tra le braccia, una vera contrizione
dei miei peccati, e una costante emendazione
dei miei costumi. Amen.

Tre Ave Maria

ANTIFONA
Giardino Chiuso sei, o Maria, Giardino Chiuso;

Fontana sigillata, Fontana che irrora i giardini del Paradiso.

V: Ricordati, o Vergine Madre, di elargire a noi i tuoi doni.
R: E fa che venga allontanato il suo sdegno da noi.

PREGHIAMO
O Dio, che per la Vergine Santa, Madre tua, Maria, mirabilmente moltiplichi le tue grazie a salvezza dei popoli, a noi, che pienamente ricordiamo i tuoi benefici che per Lei ricevemmo, concedi di meritarne altri maggiori fino alla tua beatifica visione. Tu che vivi e regni con Dio Padre, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen

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