L'ARCICONFRATERNITA OGGI
La spoliazione da parte dello Stato italiano dei beni economici ha comportato la perdita dei mezzi di sostentamento e quindi l'annullamento di qualsivoglia iniziativa che non sia di mera custodia della chiesa e delle sue tradizioni liturgiche.
Il progressivo esodo dei commercianti coincise con un crescente ricambio nella classe sociale degli iscritti, i quali al giorno d'oggi sono soprattutto impiegati, pensionati, professionisti.
Gli scopi attuali del Sodalizio sono prevalentemente di culto e di testimonianza cristiana. Vengono celebrate con solennità tutte le feste di precetto alle quali solitamente interviene qualche alto prelato appositamente invitato.
I confratelli vestono ancora oggi il tradizionale abito sodale in occasione delle SS. Messe. Durante tali celebrazioni essi recitano l'apposita Orazione a Maria SS. dell'Orto ed al termine cantano il Salve Regina.
A norma del Codice di Diritto Canonico (can. 312 e segg.) l’Arciconfraternita è una “associazione pubblica di fedeli”. Classificata in quanto tale come “ente ecclesiastico”, è però dotata anche del riconoscimento giuridico civile. Le finalità istituzionali del Sodalizio sono quelle indicate nell’art. 2 dello Statuto, approvato in data 11 febbraio 2005 da S. Em.za Rev.ma il Cardinale Camillo Ruini Vicario di S. S. per la Diocesi di Roma:
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sensibilizzare con opportune iniziative i confratelli a porre la carità fattiva come momento fondamentale della
propria esperienza cristiana e della missione ecclesiale propria di ogni battezzato ed in modo specifico
di un membro di un’associazione di fedeli; -
suscitare in ogni confratello l’ardente desiderio di un impegno costante nel cammino di fede, nella preghiera, e
nella vita spirituale personale, con centrale riferimento alla celebrazione dell’Eucaristia domenicale, nel giorno del Signore; -
promuovere ed accrescere il culto mariano e la devozione verso S. Maria dell’Orto, patrona dell’Arciconfraternita;
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realizzare iniziative per la formazione religiosa e spirituale dei confratelli;
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vivere un impegno assiduo e fruttuoso nella custodia e nella celebrazione delle antiche tradizioni religiose,
patrimonio dell’Arciconfraternita ed in quelle della tradizione spirituale romana; -
mantenere vivo e costante il clima di fraternità e di confronto con le altre associazioni confraternali, nello spirito
della comunione indicato dal Secondo Sinodo Diocesano di Roma. -
promuovere iniziative di carattere caritativo, assistenziale e sociale, compatibili con le reali possibilità dei confratelli
e da decidere sempre in modo collegiale secondo le norme del presente Statuto, tenendo conto delle peculiarità della
secolare storia dell’ Arciconfraternit a, della vocazione universale della Chiesa che è in Roma, del progetto pastorale
diocesano che annualmente viene offerto ai fedeli dell’Urbe, in particolare collaborando con l’animazione caritativa
svolta dalla Caritas diocesana; -
promuovere e sviluppare nel proprio seno lo studio e la raccolta di documentazioni inerenti la vita dell’ Arciconfraternita
stessa e delle altre realtà confraternali romane.
Per accedere all’Arciconfraternita non occorre alcun requisito straordinario: è una libera associazione di cattolici uniti dal medesimo obiettivo. Possono quindi essere ammessi tutti i fedeli battezzati che professano la Fede cattolica, maggiorenni, di ambo i sessi, dopo un conveniente periodo di prova o “noviziato”. Sono necessarie anche le doti di ottima moralità e corretto comportamento pubblico. Non possono essere iscritti all’Arciconfraternita - a norma delle vigenti disposizioni canoniche generali - tutti coloro che pubblicamente professano e/o sostengono in qualunque forma ideologie contrarie alla Fede ed alla Chiesa cattolica. Possono fare parte del Sodalizio anche gli ecclesiastici. L’Arciconfraternita è governata da una “Congregazione Privata” (consiglio d’amministrazione) costituita da sei “Guardiani” e presieduta dal “Camerlengo” (amministratore e legale rappresentante). L’assemblea di tutti gli iscritti è chiamata “Congregazione Generale”, la quale elegge ogni tre anni il proprio governo. L’autorità ecclesiastica è rappresentata dal Primicerio, un prelato appositamente designato dal Cardinale Vicario di Roma e che ha anche l’incarico di Rettore della chiesa.
Pubblicazioni a cura dell'Arciconfraternita
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Enrico PUCCI - “Maria Ss. dell’Orto in Trastevere e la sua Venerabile Arciconfraternita”. Pagine 56 con illustrazioni b/n e colori. Roma, 2013. Pubblicazione fuori commercio, acquistabile presso la stessa chiesa.
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Domenico Rotella – “S. Maria dell’Orto e i suoi segreti / Una storia romana dal 1492”. Pagine 424 con illustrazioni b/n e colori. Roma, 2018. Pubblicazione acquistabile mediante lo shop on line" della MERANGOLI EDITRICE oppure altri siti di vendita libri on line o anche presso la stessa chiesa. ISBN 978-88-98981-37-3
Rivestìti di Cristo
Il rito della vestizione dei confratelli
Il 13 maggio 1989 il Cardinale Ugo Poletti – a quel tempo Vicario Generale di Sua Santità e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana - presiedette nella Basilica di S. Maria Maggiore una Liturgia della Parola in occasione di una vestizione di nuovi Confratelli. Forse in alcuni passi il testo risulta un po’ “datato”, ma il documento resta comunque di grande interesse e validità.
Il rito della vestizione ha una tradizione di molti secoli nelle Confraternite. Esso desta nuovamente grande interesse soprattutto nei giovani confratelli. Sì riscopre il suo profondo significato. L’abito è il segno di appartenenza ad una Confraternita che è pubblica associazione nella Chiesa e che riceve dalla Chiesa la personalità giuridica nonché la missione per il fine che intende perseguire, in nome della Chiesa stessa (canone 313 del Codice di Diritto Canonico). La Confraternita ha tra i suoi fini quello assai rilevante dell’incremento del culto pubblico, che, per sua natura, è riservato alla Chiesa. Nell’esercizio del culto pubblico della Chiesa, nelle forme solenni delle celebrazioni liturgiche e della pietà popolare, le Confraternite usano il loro particolare abito, detto anche sacco o cappa. Esso, nella varietà delle forme e dei colori, ha sempre costituito motivo di grande decoro e di solennità nello svolgimento del culto pubblico, così profondamente radicato nella tradizione di ogni Confraternita. È un abito per un servizio liturgico. È dunque segno di una volontà di partecipazione attiva alla Sacra liturgia e di esemplare espressione di essa. I confratelli indossano l’abito con la consapevolezza di chi vede in esso quasi una espressione di quella veste battesimale che ricorda la dignità sacra di ogni battezzato e l’ufficio che la Chiesa gli riconosce nell’esercizio del culto liturgico. Indossando l’abito essi ricordano che, battezzati in Cristo, si sono rivestiti di Cristo (Gal 3, 27) e che, appartenendo a Cristo, tutto il loro essere è divenuto un canto a lode della sua gloria (Ef 1, 14), sintonizzando il canto interiore del loro spirito e della loro vita agli armoniosi canti della loro pietà.
Nelle Confraternite inoltre l’abito o cappa è distintivo di un servizio di carità. I confratelli lo indossavano mentre correvano a dare soccorso, sollievo, attenzione di carità ai malati, assistenza alle vittime di sciagure, ai colpiti da calamità. È il segno dello spirito di sacrificio con cui affrontano il dovere di solidarietà nelle molteplici forme del volontariato. Il camice bianco del personale sanitario degli Ospedali, dei luoghi di cura di oggi, sono spesso una derivazione del sacco delle Confraternite, che hanno dato vita nei secoli anche a innumerevoli Ospedali. A Roma oltre 40 Ospedali sono stati fondati da Confraternite. Un solo esempio. Con il sorgere dell’Ospedale di S. Spirito in Sassia nel 1198, nasce anche una aggregazione di fedeli laici, che più tardi diventerà una Confraternita. Essa svolgerà per secoli attività di cura e assistenza dei malati. Un caso non certo unico della comune storia di un ospedale e di una Confraternita. L’abito nelle Confraternite è distintivo di carità e di amore per i più bisognosi. Esso ha spesso anche un cappuccio, detto anche buffa, che copre il volto del fratello e assicura l’anonimato delle buone opere, l’annullamento della distanza delle classi, accomunando il ricco e il povero, il colto e il non colto.
Con esso non si è conosciuti. Nessuno sa perciò chi deve ringraziare per il bene ricevuto ed è assicurata la fedeltà alla esortazione di Gesù «non sappia la tua sinistra quello che fa la tua destra». «Guardatevi dal fare le vostre opere buone per essere veduti dagli uomini...
Il Padre vostro che vede nel segreto vi ricompenserà » (Mt 6, 1-6). I confratelli appartenenti alle Confraternite della Misericordia alla chiamata per ogni servizio di carità e al termine di esso, ringraziano chi ha dato loro la possibilità di compierlo con le splendide parole cristiane: che Dio te ne renda merito!
L’abito è così l’insegna del Buon Samaritano. Il confratello nel cammino della sua testimonianza di carità non chiede a chi ha bisogno di lui chi sia, da dove venga, a quale gruppo sociale o a quale religione appartenga: «Tu soffri? Questo mi basta.. Tu appartieni a me! » (L. Pasteur). Nelle Confraternite l’abito è dunque emblema significativo per la decorosa e pubblica espressione del culto e per il generoso servizio di carità. I valori spirituali contenuti nel segno dell’abito sono così profondi da meritare tuttora molta considerazione. Per questo i giovani confratelli di oggi amano rivestire il loro plurisecolare abito. Con il solenne rito della vestizione […] viene dato il giusto rilievo al ricco significato dell’abito ed ai valori profondi che esprime. […] In questa Basilica sorgeva, circa l’anno 1264, la prima vera Confraternita romana, detta poi del Gonfalone. Inoltre per secoli, i confratelli della venerabile Arciconfraternita del Gonfalone si sono avvicendati nella fedele custodia della venerata antichissima immagine della Madonna «Salus Populi Romani». È quindi per le Confraternite un ritorno alla fonte! Sotto lo sguardo materno di Maria, esse ricevono rinnovata energia per un lungo cammino di testimonianza di fede e di carità, di servizio all’uomo e di amore alla Chiesa.